venerdì 4 giugno 2010

Equilibrio tra libertà di espressione e tutela dei cittadini

Questo DDL, oltre a proteggere il bene materiale della salute e del patrimonio dei cittadini, vorrebbe difendere anche il valore morale della separazione tra il vero ed il falso basata sul metodo scientifico. Certo non è semplice, poiché i confini a volte sono incerti. Quindi è una questione di scelte: vogliamo essere prudenti e spostiamo il limite a favore della tutela del bene dei cittadini, o vogliamo azzardare e spostare il limite a favore della tutela della libertà di espressione? Parliamone.
 

1. Tipi di messaggi da limitare. Lucro? Salute? Tutti?

Adesso è molto caldo (...appunto) il tema del surriscaldamento globale. Ci sono prove sempre più convincenti che il riscaldamento abbia cause umane. Molti insistono a dire che l'uomo non c'entra nulla. Mi è stato fatto notare: che facciamo, mettiamo in galera chi dice che il riscaldamento ha cause esterne all'uomo? Certamente no! Nella definizione di "messaggio" (art.1, punto a)), rientrano solo quelli che promuovono un oggetto o una attività o una pratica (anche se non prevedono una vendita). Non vieta la diffusione di un'idea.
 


In generale, questo DDL non pretende certo di dirimere questioni scientifiche più o meno aperte. L'art. 1 punto d), e l'art. 4 comma 7, lo dicono chiaramente: la commissione decide in base a quello che in un dato momento è ritenuto vero dalla maggioranza degli scienziati. Per i farmaci omeopatici, ad esempio, la scienza ufficiale dice che un farmaco omeopatico ha lo stesso effetto curativo di un'aranciata, tuttavia ci sono aziende che guadagnano milioni con la loro vendita e persone che bevono aranciate invece di curarsi seriamente. In questo caso, finché il dibattito scientifico è ancora aperto (ammesso che lo sia) io direi di evitare che le persone si curino il cancro con le aranciate. Quindi, fermo restando che chiunque può parlare liberamente di un'idea, una questione da chiarire può essere:

Se questa idea è contraria alle conoscenza scientifiche correnti:
  • è lecito esercitare una pratica basata su di essa e farsi pagare?
  • è lecito vendere un prodotto basato su di essa
  • le due cose, possono essere lecite solo se non riguardano la salute? o sempre?
Commentate.




2. Un compromesso: l'etichetta 'Questo prodotto (...o pratica) NON ha basi scientifiche e non ha mai dimostrato di funzionare in condizioni di controllo'


Mi hanno suggerito di introdurre questa etichetta. In una prima versione di questo DDL, l'avevo prevista per quei prodotti e pratiche di dubbia (o nessuna....) efficacia (fiori di Bach, omeopatici, pranoterapeuti ecc...). Ma poi, pensando all'esempio della scritta "Nuoce gravemente alla salute" sui pacchetti di sigarette, ho detto: le tabaccherie traboccano ancora di sigarette, si continua a morire di cancro ai polmoni e la gente fuma tranquillamente. Certo, è meglio che niente! Quindi:


Introduciamo l'etichetta ed i messaggi di avvertimento oppure vietiamo e basta? Commentate.

2 commenti:

  1. 1) Secondo me dovrebbe essere vietato vendere oggetti e pratiche che non siano riconosciute dalla scienza, che abbiano a che fare con la salute o meno. Ma quando il lucro non c'è, bisogna vietare solo quelle pratiche che costituiscono un danno per chi le riceve.

    2) Sono d'accordo con te, l'etichetta non è affatto un buon deterrente.

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  2. @Fabius
    Se la logica non mi inganna, il tuo punto 1) è riassumibile dicendo che sono permesse solo le attività gratuite e non dannose, e cioè, in pratica, l'abolizione del reato di ciarlataneria semplice. Sbaglio?

    Se è così, ti rimando alla mia risposta al tuo commento all'art. 3).

    Ciao e buon pranzo!

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